L’impresa perfetta
Pillola di Giacomo Palmaro
C’è un’impresa che sopravvive da centinaia di anni, pressoché invariata.
Un’impresa che ha addirittura gettato le basi dell’economia come la conosciamo oggi, rivalutando il lavoro come via per la realizzazione personale, in un contesto dove era invece considerato un onere riservato alle classi meno abbienti.
Un’impresa che ha mantenuto attivo il suo ruolo e la sua produzione durante le guerre, e ha sopportato i colpi dei cannoni sulla sua sede senza interrompersi.
Questa impresa è l’Ordine Benedettino, il cui fondatore è San Benedetto da Norcia, a cui risale la famosa Regola ora et labora “prega e lavora”. La domanda sorge spontanea: come può una Regola risalente a millecinquecento anni fa essere di una qualche utilità nel mondo odierno, così materiale e orientato al mero profitto economico? La risposta ci è arrivata da Massimo Folador (manager, consulente e professore universitario), che durante un periodo di crisi personale ha trovato in questa piccola frase la risposta a molti interrogativi, ed ha esposto la sua personale esperienza nell’àmbito del percorso Alla ricerca del bene comune.
A parere di Massimo Folador, le imprese odierne hanno bisogno di innovarsi, ma guardando al passato. Sembrerebbe assurdo, eppure ciò potrebbe segnare un punto di svolta nello sviluppo delle società industriali. Ciò che deve cambiare è l’ottica lavorativa dei dipendenti (ma non solo di essi), ovvero il motivo che li spinge a impegnarsi e a dare il meglio di sé in ciò che fanno: bisognerebbe infatti far comprendere ai lavoratori l’importanza del bene comune all’interno dell’impresa. Bisogna insomma che ciascuno non lavori solo per mero interesse personale, ma sia consapevole della sua importanza all’interno dell’azienda, impegnandosi per il bene di ogni singolo e dell’impresa nel suo complesso. Si dovrebbe ampliare l’orizzonte lavorativo degli impiegati, prendendo spunto, anche se può sembrare improbabile, da un convento Benedettino, nel quale ogni monaco (monos, singolo tra i molti) deve lavorare per concorrere al bene di ogni confratello, che di riflesso è bene anche per lui.
Per raggiungere questo obiettivo, che nel mondo odierno pare abbastanza ambizioso, bisogna agire in primo luogo sull’ambiente di lavoro, creando ad esempio condizioni di silenzio (proprio uno degli strumenti più importanti nella vita del convento), per facilitare la concentrazione e l’ascolto delle direttive, ma nel quale ciascuno indipendentemente dalla sua situazione deve essere valorizzato per le capacità individuali.
Sarebbe inoltre importante recuperare il concetto di “bellezza”, che era molto caro ai monaci Benedettini: essi infatti ricercavano la bellezza in ogni cosa facessero, fosse questa una complessa cattedrale o una colorata miniatura per codici. Per ottenere una bellezza di questo tipo in una società odierna, bisogna prima di tutto recuperare una bellezza nei rapporti fra datore di lavoro e dipendenti. Il datore di lavoro, nel parallelismo con un convento Benedettino, sarebbe l’equivalente dell’abate: una figura paterna, dotato di capacità organizzative e in grado di guidare l‘impresa in modo equilibrato, non solo impartendo ordini ma anche dando il buon esempio con l’impegno e con la dedizione.
Insomma, non è semplice riprodurre nella società odierna una realtà così poco legata all’interesse del singolo e che invece si concentra sulla ricerca del bene comune, ma, per dirla con le parole dello stesso Folador “Un’impresa ha due prospettive: chiudere o trovare soluzioni nuove. Bisogna continuamente ricercare e provare a cambiare le cose, pur con le difficoltà del caso”.
Certo, realizzare un progetto del genere potrebbe sembrare molto complesso in un contesto come quello odierno, ma non impossibile: sarebbe infatti un cambio di mentalità, che sicuramente implica una certa dose di fatica. Una persona che ha trasmesso questi valori ai sui dipendenti è Camillo Olivetti [inserire link], che trasformò l’azienda familiare in un moderno gruppo industriale. Lo stesso Massimo Folador ha fondato un’associazione, “Verso Il Cenobio” [inserire link], che ha come obiettivo quello di aiutare le aziende a mettere in pratica questo cambiamento, conservando in questo modo anche la cultura e la spiritualità Benedettina, che sono parte integrante delle radici del nostro paese e dell’intera Europa. Citando il monaco Benedettino Anselm Grün [inserire link], che ha pubblicato diversi commenti riguardo la Regola, “è interessante osservare che il modello di gestione benedettino, già vecchio di oltre 1500 anni, oggi è nuovamente modernissimo e in grado di aiutare a trovare risposte a importanti interrogativi del nostro tempo.”