“Ti libero la fronte dai ghiaccioli”
Pillola di Ilaria Reitano
Ti libero la fronte dai ghiaccioli. Un incipit inquietante, enigmatico, che agita e turba. È lo squarcio di un angelo che precipita nel mondo sotto lo sguardo attento di un uomo, che con dolcezza osserva le ali rovinate dal vento, che percepisce il suo bisogno di tenerezza e la sua fragilità. Oscura è la sua presenza agli occhi degli altri uomini, che ignorano la caduta dell’angelo e il suo conseguente valore.
Eugenio Montale e Irma Brandeis
Si tratta di una delle poesie commentate dal Professor Franco Bulega, docente di italiano e latino presso il nostro liceo, durante un incontro del percorso Attraversando Dante. È Montale, poeta del Novecento, uno degli autori che più si è confrontato con Dante. In questi versi il Premio Nobel del 1975 riprende stilemi tipici del Dolce Stilnovo, mutandone la prospettiva e laicizzando la figura della donna-angelo, che diventa portatrice di valori culturali e letterari. Tuttavia il percorso parte proprio da Dante, che sullo sfondo dell’esperienza stilnovista, affronta gli scontri tra guelfi e ghibellini, le figure controverse del Papa e dell’Imperatore, il tentativo di trovare una lingua unitaria: proprio come Montale, vive un periodo storico ricco di scontri e di incertezze politiche e umane. In questo clima così tormentato Dante si innamora di Beatrice, donna che per lui garantisce il collegamento tra terra e cielo e costituisce il tramite per giungere alla salvezza. È nella Vita Nova che il poeta fiorentino, tra prosa e poesia, ci mostra una vita rinnovata spiritualmente e un’esperienza d’amore salvifica. Beatrice, donna angelica, fa da ponte tra terra e cielo, attraverso contemplazione e saluto salva il poeta, che con termini dolci e raffinati loda il suo angelo. Forse la poesia più significativa di questa poetica è il sonetto XXVI della Vita Nova; la donna somiglia a una creatura celeste, ne viene esaltata la nobiltà d’animo, la modestia e il decoro. In Tanto gentile e tanto onesta pare la descrizione fisica è assente, è l’aspetto spirituale quello che domina i versi, che esaltano un amore che consiste nell’elevazione a Dio e nella ricerca di una perfezione morale.
Accade, poi, che a distanza di diversi secoli, approdiamo in un mondo, quale quello del Novecento, bombardato, frastagliato, diviso e nuovo. In questo contesto vive Eugenio Montale, poeta che viaggia attraverso Dante, ne acquisisce tratti e ne supera altri. Montale si innamora di Irma Brandeis, una professoressa universitaria americana, studiosa di Dante, ebrea. A causa delle leggi razziali, la donna è costretta a rimpatriare, quindi a lasciare l’Italia e il poeta. Tuttavia, mediante lo pseudonimo di Clizia, Montale riprende la figura della donna-angelo, ma in prospettiva laica, non trascendente. Secondo il poeta, è proprio l’amore di Clizia, quindi i supremi valori di cultura e poesia, il solo a potersi opporre alla dilagante violenza della storia, un muro che in parte argina il timore e il senso di angoscia che pervade l’uomo del Novecento. Clizia, rappresentante della filosofia e della poesia, può nobilitare l’animo solo di coloro che sono in grado di coglierne il valore. È interessante notare come in Dante l’uomo venisse salvato e nobilitato dal saluto della donna, mentre in Montale è la donna che necessita di cure da parte del poeta, ma al tempo stesso è anch’essa guida, ragione e punto di riferimento, proprio come lo era stata Beatrice. Si tratta di un vincolo diverso: la donna che salva è fragile e debole (“hai le penne lacerate… ti desti a soprassalti”), si manifesta solo al poeta (“l’altre ombre… non sanno che sei qui”), che ha la responsabilità a propria volta di accoglierla e sostenerla (“Ti libero la fronte dai ghiaccioli”). La salvezza non è solo un dono di bellezza celeste, ma dipende anche dall’impegno del poeta, dalla sua sensibilità, dal suo amore per la bellezza della poesia. Ecco, in conclusione, questi versi delicati e struggenti, che meritano di essere letti più volte.
Ti libero la fronte dai ghiaccioli
che raccogliesti traversando l’alte
nebulose; hai le penne lacerate
dai cicloni, ti desti a soprassalti.
Mezzodì: allunga nel riquadro il nespolo
l’ombra nera, si ostina in cielo un sole
freddoloso; e l’altre ombre che scantonano
nel vicolo non sanno che sei qui.