Il filosofo con i piedi per terra

pillola di Alice Pirotta

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Raffaello Sanzio, particolare da “La scuola di Atene”, affresco, 1509-1511, Stanze Vaticane

Vi siete mai chiesti che senso possa avere studiare oggi la filosofia di Platone, vissuto 2500 anni fa? Quale valore può avere per la nostra vita quotidiana? Egli mira all’universale e questo sembra portarci fuori dalla realtà, nel mondo delle idee. Ma se esaminiamo bene il suo pensiero, troviamo che Platone si poneva domande molto concrete, relative alla vita degli uomini e all’organizzazione della società. Ancora oggi la costruzione di relazioni sociali fra popoli diversi può trovare spunti nei principi anticipati da questo celebre filosofo. Come si può pensare di vivere in un mondo pacifico e armonioso senza creare un terreno comune tra popoli, che, incontrandosi, decidano quali siano i valori universali di buono e giusto che debbano valere per tutti e garantire una pacifica serenità?

Sebbene sia difficilmente separabile dal contesto storico in cui è stata elaborata, la riflessione filosofica di Platone per certi aspetti è comunque in grado di influenzare il nostro modo di pensare, al punto da sollevare numerose obiezioni fino ai giorni nostri. Una riflessione su queste diverse interpretazioni di Platone è stata offerta da Franco Trabattoni nel percorso Saggezza e verità nella Grecia antica.

Ad esempio, celebre è la lettura di Platone proposta da Martin Heidegger (1889-1976), il quale ha sviluppato una grande parte del suo pensiero per demolire quella che ai pensatori precedenti era sembrata essere la nascita della metafisica. Egli ritiene che Platone abbia preteso di conoscere una verità assoluta intuitivamente e sulla base di questa abbia voluto promuovere una prassi politica di carattere totalitario e antidemocratico.

Anche un filosofo di orientamento assai diverso come Karl Raimund Popper (1902-1994), nel saggio Platone totalitario, in La società aperta e i suoi nemici, vol. I, 1945 (trad. it. Armando, Roma 1973) ritrova in Platone le radici del totalitarismo del ‘900, sia di destra sia di sinistra, dai regimi fascisti e nazisti a quelli comunisti.

Un altro importante filosofo di posizione antiplatonica è l’americano Richard Rorty (1931-2007), che, nel libro La filosofia e lo specchio della natura, 1979 (trad. it. Bompiani, Milano 1986), identifica nel platonismo la pretesa che il pensiero rifletta la realtà come in uno specchio. Se tu hai l’occhio chiaro vedi l’essere. Ma chi ha l’occhio chiaro? I filosofi. I filosofi quindi sarebbero quel gruppo elitario capace di decidere per tutti.

Ecco perché questo discorso è contro Platone. In un mondo come quello di oggi, in cui la verità appare come problematica e approssimativa, in cui non c’è nessuno che possa avere una visione così chiara da imporla alla società e allo Stato, il platonismo è il nemico da demolire dal punto di vista filosofico.

Il filosofo americano di origine ebraica Richard Bernstein (1932-vivente) suggerisce una soluzione di compromesso, affermando che esistono due Platone: uno perentorio, violento, che è considerato sostanzialmente un ‘cattivo’; un secondo che appare invece del tutto diverso: è quello di Socrate, del dialogo, in un certo senso il ‘buono’.

Infine un grande filosofo del Novecento, discepolo di Heidegger, Hans-Georg Gadamer (1900-2002), ci narra esclusivamente di un Platone buono. In particolare stupisce una sua affermazione: “Platone non era un platonico”, che ci suggerisce il colossale equivoco formatosi sulla figura di Platone, alimentato soprattutto da varie imprecisioni lessicali, che hanno causato l’allontanamento del termine “platonico” dal vero significato della filosofia di Platone.

A questo punto potrebbe sorgere una domanda ovvia: chi era davvero Platone? Perché si dedicò alla filosofia? Qual era il suo vero obiettivo?

Ce lo racconta lui stesso: in realtà egli voleva fare politica, non filosofia, o almeno… avrebbe voluto. Ricordiamo che Atene e molte altre città della Grecia antica nel V-IV secolo a.C. erano soggette a frequenti rivolgimenti politici e conflitti interni. Franco Trabattoni sostiene che Platone non aveva inizialmente intenzione di prendere una strada filosofica, ma si rese conto che essa era necessaria per poter influire effettivamente sull’amministrazione e sulla vita della città, sull’attività politica del tempo, in modo da ricostruire una pacifica convivenza civile.

Quali sono le basi della sua filosofia così utili per una buona politica? L’idea di un “bene universale”, ossia di una giustizia che deve necessariamente essere non solo condivisa da tutti i cittadini, ma anche corrispondente alla verità, non semplice frutto di opinioni. Una simile idea di giustizia, infatti, è indispensabile per creare un terreno comune per confrontarsi con chi abbia idee diverse.

Ed è proprio su questo che insiste Platone: fare passi avanti verso l’universale. E sebbene della verità possediamo soltanto una reminiscenza, ciò che compete all’uomo, ossia il dialogo con l’altro, deve mirare all’universale.

Il tendere all’universale permette, secondo Platone, di creare uno stato buono, in cui il Bene e il Giusto siano tali per tutti. In questo si nota come la filosofia platonica non sia semplice contemplazione, ma sia finalizzata all’azione.

Ed è erroneo affermare che secondo Platone i filosofi siano gli unici in possesso del sapere. Dalla stessa etimologia della parola filosofo, “amante del sapere”, risulta evidente che egli non la possiede affatto. L’unico che veramente ha il sapere è Dio, mentre il filosofo è forse, fra gli uomini, quello che è più consapevole di questa verità.

Platone continua ad essere una figura affascinante per moltissimi studiosi, ognuno dei quali ha avuto la possibilità di suggerire una diversa interpretazione. E forse la lettura di Franco Trabattoni ci aiuta a comprendere quanto questo filosofo abbia ancora da dire al nostro tempo, afflitto da problemi di convivenza civile e di incontro fra popoli e visioni del mondo spesso radicalmente diverse se non fra loro contrapposte. La sua ricerca di principi universali mira a fornire strumenti efficaci per confrontarsi con i problemi concreti della convivenza quotidiana.